Buonasera a tutti,
come avete potuto vedere oggi è stata una giornata piena di post e siamo arrivati anche all'ultimo post. Ecco il blog tour di Senza Etichette il libro contemporary romance, M/M di Verdiana Rigoglioso uscito il 26 Settembre. Io vi porto la terza tappa che riguarda gli estratti del romanzo. Buona lettura!!
Non riuscii a tornare a casa immediatamente, stavo provando troppe sensazioni tutte insieme e temevo di fare qualche cretinata delle mie.
Rianalizzai nella mia mente ciò che avevo appena vissuto provando a incrociarlo con i ricordi dolorosi, le ansie vecchie e nuove e i timori mai superati.
Quando avevo quindici anni separarmi da Alek mi aveva distrutto. Lui era la mia finestra sul mondo e mio padre l’aveva chiusa. Il motivo mi era stato più che chiaro sin da subito, ma non potevo prevederne le conseguenze sul mio diventare adulto.
Non avevo mentito quando avevo raccontato di aver passato un anno a piangere per poi quasi dimenticare tutta quella sofferenza. Mi ero lasciato convincere da mio padre che fosse solo una bambinata e che crescere significasse anche imparare a perdere, imparare a frequentare gente migliore di me, che avesse qualcosa da insegnarmi. Ma la verità era che Alek mi aveva insegnato più di qualunque altro essere umano che non fossero i miei genitori.
«Perdonami, per tutto. Per aver creduto che starti lontano fosse un bene, per non aver capito che tu eri l’unica persona che mi avrebbe aiutato a chiarire chi sono senza chiedermi mai di cambiare o di nasconderlo».
Fin quando arrivai all’opera che forse, in fondo al mio cuore, mi aspettavo di trovare, quella che inconsciamente sapevo esistesse. Quella che temevo più di tutte.
Ritraeva un ombrello colorato, l’unico soggetto dipinto, abbandonato in quella che sembrava una pozzanghera in cui era scolpita l’immagine riflessa di due volti: quello ben delineato di Alek e un altro sfocato, quasi abbozzato. Il mio.
Cercai il nome dell’opera ma non lo trovai, da qualche commento capii che non era mai stata esposta, evidentemente qualcuno l’aveva caricato sul web abusivamente, regalandomi una delle emozioni più forti della vita.
Non riuscii ad aspettare che si facesse giorno, erano le due passate e non avrei potuto chiudere occhio neanche volendo.
Era il momento di dire la verità. Che male avrebbe potuto fare dirgli che non era stata la sua tenera confessione di una cotta a farmi scappare, che era stato mio padre a trascinarmi via e che non avevo accettato chi fossi fino alla sera in cui avevo rivisto proprio lui, il mio migliore amico?
Indossai il giubbotto, tirai su il cappuccio e presi l’ombrello, fuori diluviava ma non mi importava, non avevo la minima intenzione di pensare alle conseguenze.
Passai dal soggiorno dove trovai Steph addormentata sul divano. Le lasciai un bigliettino per non spaventarla qualora si fosse svegliata senza trovarmi, sarei tornato poco dopo.
Presi l’auto e mi avventurai alla ricerca di una casa che non avevo idea di dove si trovasse. Conoscevo il nome della strada, ma sai che vantaggio? Cercai di concentrarmi su qualche dettaglio che Alek si era lasciato sfuggire quando mi ricordai che qualche giorno prima si era lamentato di un cantiere rumoroso proprio di fronte casa sua. Mi fermai davanti alla ruspa e attraversai. C’erano tre portoni, non era impossibile, e infatti lo trovai: un bigliettino appiccicato sulla cassetta della posta su cui spiccava l’elegante grafia di Alek.
Bussai timidamente pensando che Vincent avrebbe avuto tutto il diritto di mandarmi a quel paese, ma ad aprirmi fu Alek, con una vistosa fasciatura al braccio e lo sguardo preoccupato.
«Dave? Che ci fai qua? Cosa è successo?».
«Vieni fuori».
Il tono della mia voce non era mai stato così deciso.
«Sei impazzito? Diluvia! Entra in casa» rispose lui con un tono ancora più perentorio.
Lo tirai per il braccio senza far forza per paura di fargli male, mentre lui cominciava ad agitarsi: «Dave? Sei venuto per procurarmi una polmonite?».
«No. Sono venuto per fare questo» aprii il mio ombrello e riparai entrambi dalla pioggia.
«Perdonami, per tutto. Per aver creduto che starti lontano fosse un bene, per non aver capito che tu eri l’unica persona che mi avrebbe aiutato a chiarire chi sono senza chiedermi mai di cambiare o di nasconderlo».
«Avevamo quindici anni» disse comprensivo.
Gli presi il viso tra le mani e lo guardai intensamente negli occhi, mi avvicinai così lentamente, quasi a chiedere il permesso, gli sfiorai le labbra con le mie per qualche secondo e, per la prima volta nella mia vita, non pensai a niente.
Stavo rimandando di nuovo il racconto su quella sera, su cosa fece mio padre, ma ero impegnato a prendere atto di un’altra verità che si stava facendo largo dentro di me: c’era un uomo nella mia vita e io lo volevo a tutti i costi.
Lui appoggiò la testa sul mio petto e restammo abbracciati per quelle che sembrarono ore, inzuppati di pioggia e avvolti nel calore l’uno dell’altro.
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