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[Blog Tour] Nell'ombra di mille parole (Left Behind series #1) di Bianca Povolo + GIVEAWAY

lunedì 3 giugno 2019

Ciao a tutti readers,
oggi il blog partecipa al blog tour della prima tappa di Nell'ombra di mille parole il primo volume della serie young adult "Left Behind" di Bianca Povolo che uscirà il 10 Giugno in self publishng. In questa prima tappa potete leggere il primo capitolo del romanzo e potete trovare anche le regole per partecipare al giveaway che vi permetterà di vincere la maglietta del romanzo e un buono amazon da 5 euro.


Nell'ombra di mille parole
di Bianca Povolo

Uscita: 10/06/2019
E-book: € 1,99 (prezzo lancio € 0,99)
Cartaceo: € 12,90
Pagine: 296
Serie: #1 Left Behind
Editore: Self-Publishing
Genere: Young Adult
A diciassette anni la vita di Angel Clare, un nome romanzesco cucito addosso, scorre tranquilla. Le piace rifugiarsi tra le pagine di un buon libro, dare una mano alla tavola calda della madre e uscire con i suoi migliori amici, Keri e Warren. Frequenta l’ultimo anno delle superiori, e non c’è niente che vada storto…
Finché il professore di scrittura creativa, in occasione del compito che terrà la classe impegnata durante il quadrimestre, la mette in coppia con l’unica persona che detesta, Finn Cipriano.
Spirito ribelle e carattere arrogante, lui è il combinaguai della scuola, con una sfilza di note e sospensioni sul curriculum scolastico.
Sebbene non ne sia entusiasta, Angel accetta la sfida. E così, tra battibecchi, messaggi e sorprese inaspettati, il passato torna a galla, risvegliando emozioni assopite e ferite ancora aperte. Ma fidarsi di quegli occhi scuri non è facile.
Angel si ritroverà divisa tra più fuochi, compreso un misterioso ammiratore che le manda aeroplanini di carta con frasi dolci, ma ben presto capirà che il suo cuore grida un solo nome…
Una storia dolce ed emozionante sul primo amore, quello che ti segna per sempre, e sulle seconde occasioni che ci riserva il destino.


PRIMO CAPITOLO
 1.
ANGEL

Vorrei essere un cyborg.
Lo so, può sembrare paradossale, anzi lo è perché nei film e nei video games ci hanno abituato alla convinzione che le macchine desiderano provare emozioni umane, desiderano avere la possibilità di sentirsi vivi. Io, invece, da umana vorrei gettarle via, soprattutto ora che il professor Farah sta formando, secondo il suo giudizio, le coppie per il compito che ci terrà impegnati per tutto il quadrimestre. Ancora non ha proferito parola sul tema, gli piace creare suspence. 
Io lo chiamo sadismo. Creare ansia nei suoi studenti è pane per i suoi denti, nonostante ciò la sua professionalità e il suo amore per la letteratura sono ineguagliabili e non potrei immaginare un professore migliore per il corso di scrittura creativa. 
Jack Farah è un noto scrittore, autore di uno dei miei romanzi preferiti, che ha debuttato a soli vent’anni riscuotendo un grande successo grazie al passaparola; ha all’attivo più di dodici romanzi ed è una fonte d’ispirazione per me.
In piedi, al centro dell’aula, lui legge a voce alta gli abbinamenti, c’è chi esulta e chi sbuffa – non tutti saranno accontentati.
A ogni coppia sfumano le mie possibilità di non essere in coppia con lui, il quale non è presente in classe.
Una magra consolazione, comunque.
Il cuore mi pulsa nelle orecchie. Serro per un istante le palpebre, come per rimandare ciò che sta per accadere, supplicando sottovoce per evitare l’inevitabile, tuttavia le mie preghiere non vengono esaudite. La voce del professore mi giunge forte e chiara, scuotendomi le viscere: «…ultimo gruppo: Angel Clare e Finn Cipriano».
Merda, merda, merda.
È colpa del karma, lo so. Stamattina, per colazione, ho ceduto alla tentazione mangiando la deliziosa frittella con la nutella avanzata del giorno precedente, era troppo invitante per ignorare il suo richiamo.
Mi hai fregato, maledetta.
Nel fermento generale, credo di aver alzato gli occhi al cielo in modo involontario perché il prof mi ha lanciato un’oc-chiata accigliata, o forse è stata una mia impressione, poiché il suo viso si è subito disteso in un sorriso compiaciuto, almeno finché bussano alla porta.
«Avanti». Seduto sullo sgabello al centro della stanza, Farah ruota il busto verso l’entrata in aula, puntando lo sguardo su chi ha interrotto la lezione. Anch’io sono curiosa.
Oh, cavolo.
L’unico ragazzo che non pensavo potesse venire a lezione è qui.                                                                 
E sarà il mio compagno di progetto.
Sento Chase, seduta nel banco alla mia sinistra, sospirare con aria trasognata, i palmi delle mani a reggerle il mento.
«Oh, sono ammirato. Il signor Cipriano ci degna della sua presenza, prego, si accomodi. Gradisce tè e pasticcini?».
Finn Cipriano entra in classe con disinvoltura sotto lo sguardo attento del professore e dei miei compagni di corso.
I capelli scuri, leggermente mossi, gli arrivano alle spalle, gli occhi castani sono incorniciati da folte ciglia. Con i jeans sbiaditi e gli anfibi neri ai piedi, sfoggia uno stile trasandato, un po’ grunge, forse in memoria di Kurt Cobain.
«Magari un’altra volta, ho già fatto colazione, grazie», risponde, accasciandosi sulla sedia, un sorriso sghembo sulle labbra.
Invidio i suoi capelli, sul serio.
Mi viene voglia di intrecciare le dita tra le sue ciocche. Per la sua pettinatura assomiglia a Brad Pitt nel film Vento di passione, rivisto per la seconda volta la settimana scorsa insieme a mia madre e Keri, la mia migliore amica.
Il professore informa l’ultimo arrivato che sarà in coppia con me. Vorrei sprofondare perché l’attenzione si è appena focalizzata sulla sottoscritta. I banchi sono disposti in cerchio, in modo che ognuno di noi veda gli altri; è una disposizione orientata al dialogo e alla partecipazione cosicché nessuno possa isolarsi dal gruppo. Per questa ragione, dodici paia d’occhi mi guardano finché Jack Farah si schiarisce la voce, ma so che lo sguardo di Finn è ancora su di me, mi brucia il volto.
Devo concentrarmi su qualcos’altro, altrimenti continuerò a lanciare occhiate furtive nella sua direzione e non voglio che accada, perciò comincio a digitare sull’iPad ogni parola che esce dalla bocca di Farah.
«Eros e Thanatos, un topos letterario dominante nel poema epico e nella tragedia shakesperiana, nelle canzoni popolari e nella filosofia. L'alchimia tra queste due pulsioni è stato l’elemento preponderante di storie che hanno attraversato i secoli giungendo fino a noi. Pensiamo a Romeo e Giulietta, Tristano e Isotta, Anna Karenina e il conte Vronskji, Bella ed Edward…».
«Bella ed Edward?», gli fa eco Clarissa, una delle gemelle, con tono incerto, per niente convinta dell’ultima coppia nominata dal professore.
Lui la ignora e prosegue imperterrito la spiegazione. «Amori proibiti, tormentati che sfidano le leggi della natura e quelle morali. Quelli che vi ho elencato sono alcuni dei più noti in cui i sentimenti e la morte si mescolano in un connubio vincente, nonostante i finali tragici».
«Tranne Bella ed Edward», puntualizza la seconda gemella, Claire.
«Sì», risponde esasperato, passandosi una mano sulla fronte. Una delle cose che non sopporta è l’essere interrotto più volte mentre sta parlando. La camicia gli aderisce al petto, accentuando gli addominali contratti; mi accorgo che Jamie se lo sta mangiando con gli occhi, trattengo a stento un sorriso; neanche lei è immune al suo fascino, così come la maggior parte delle professoresse – essendo scapolo, la competizione è agguerrita.
«Ecco la consegna: produrrete un racconto di trenta mila battute sul tema amore proibito. Vi do la possibilità di scegliere un finale angst oppure un happy ending, date spazio alla vostra immaginazione senza vincoli». La mia me interiore è entusiasta, la notizia smorza in modo temporaneo la beffa delle coppie. «Vi do dieci minuti per iniziare a pensare a qualche idea con il vostro compagno mentre scrivo alla lavagna le informazioni utili per costruire il racconto».
Ci scambiamo i posti. Noah mi abbandona per sedersi accanto a Revi e al suo posto mi ritrovo vicino Finn.
«Ciao principessa», esordisce.
«Questo non è il mio nome. Chiamami Angel».
«Non hai le ali», replica pacato, come se non fossi a conoscenza di questa evidente realtà. «Principessa ti si addice di più».
«Non ho nemmeno la corona», obietto. 
Mi aspetto che ribatta con un’altra perla di saggezza, invece si limita a dire: «Mi piace, ecco», lo dice con estrema naturalezza.
Sono un cyborg, sono un cyborg, sono un cyborg.                                                                                                                                                                                                   
«Okay», sussurro. Prendo un quaderno dallo zaino e strappo un foglio, poi recupero una penna dall’astuccio. Per buttare giù le idee preferisco la carta al digitale perché posso schematizzare e fare scalette.
«Scegli tu il genere e le linee generali della trama, per me non fa differenza. Qualsiasi cosa andrà bene», dice annoiato. 
 «Oh, grazie». Un punto a suo favore. Spero non sia una strategia, un modo per indorare la pillola e comunicarmi che non muoverà un dito, altrimenti la mia ira funesta cadrà su di lui. Una cosa che odio sono quelle persone che non fanno niente e si prendono i meriti del lavoro altrui. 
Sospiro e comincio a scrivere, lasciando che la mia mente prenda il sopravvento e mi guidi.
 Ho già un’idea.
 Un’idea influenzata dalle mie ultime letture a tema paranormale; una in particolare ha fatto breccia nel mio cuore, lasciandomi senza fiato e con le lacrime agli occhi: Sono nel tuo sogno di Isabel Abedi, una scrittrice tedesca.
In breve tempo le parole si riversano sul foglio immacolato e quando alzo lo sguardo per controllare il mio compagno di progetto, l’ho riempito per una buona metà. 
Trovo Finn intento a fissarmi, l’espressione indecifrabile.
Mi sento in soggezione sotto i suoi occhi attenti e indagatori. «C’è qualcosa che non va?», chiedo.
«Qual è la tua idea sull’amore?».                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             
Aggrotto le sopracciglia, la sua domanda mi coglie impreparata. «Uhm, domanda difficile. Due anni fa ho letto una poesia di Emily Dickinson. Diceva che tutto ciò che sappiamo dell’amore è che l’amore è tutto. L’ho trovata essenziale ma molto bella». 
Finn si tocca il mento, distratto. Annuisce con lo sguardo basso, assorto nei suoi pensieri; una lama di luce fa scintillare i suoi braccialetti. Di fronte al suo silenzio gli chiedo: «E tu?».                                                                                                          
Si riscuote, risvegliandosi dalla sua trance, e quando il suo sguardo punta di nuovo su di me, la sua espressione è mutata, diventando accigliata. Mi chiedo cosa gli sia passato per la testa per far sì che i suoi lineamenti appaiano induriti. «L’amore è pura irrazionalità, una serie di reazioni chimiche che ti mandano in pappa il cervello, un istinto primordiale di sopravvivenza. Niente di più».
«Hai una visione poco romantica, oserei dire pessimista».
«Io non sono romantico». Il tono con cui lo dice sembra non ammettere repliche, ma preferisco avere un confronto piuttosto che rimanere zitta senza dire la mia.
«Ne dubito», replico. «Suppongo tu abbia avuto almeno una ragazza in passato e non penso che tu l’abbia conquistata con uno sguardo. L’avrai corteggiata con frasi dolci, fiori, etc etc…», continuo, gesticolando.
Lui sogghigna divertito. «Sveglia principessa, non puoi continuare a vivere nel mondo delle favole. Siamo nel ventunesimo secolo! Dovresti sapere che a un ragazzo della mia età interessa solo entrare nelle tue mutandine, tutto il resto – cioccolatini, fiori, bigliettini – sono tecniche di seduzione per centrare l’obiettivo».                                                                                                                                          
Che sfacciato.
In quel preciso istante, Farah dichiara che il tempo è scaduto e prosegue la sua lezione, illustrandoci i passaggi per creare personaggi realistici.
La presenza di Finn al mio fianco mi destabilizza, divento nervosa e non riesco a seguire come vorrei. Sembra che ogni mia cellula sia sintonizzata sul suo profumo, sul modo in cui si passa le dita tra i capelli, sul suo respiro.
Dannazione, non posso fare coppia con lui.
Quando suona la campanella, rimango seduta al mio posto a elaborare nella mia mente i fatti dell’ultima mezz’ora mentre i miei compagni sgusciano fuori dall’aula a tempo record, compreso Finn.
 Mi dimentico persino di mettermi d’accordo con lui per vederci al di fuori della scuola; mi toccherà andare a cercarlo perlustrando i corridoi, sempre che non decida di sparire come al solito.
Raccatto le mie cose con lentezza.
Quando mi avvicino al professor Farah, divento improvvisamente timida e impacciata, è assurdo. Con i suoi trentasette anni, l’abbigliamento giovanile e i modi gentili, lui è senza ombra di dubbio un uomo attraente –  Keri si è presa una cotta platonica per lui.
Mi torturo il labbro con i denti. «Mi scusi professor Farah, potrei parlarle un minuto?».                                                                                                                                                                                                                         
«Cosa posso fare per te, Angel?».
«A proposito del compito, mi chiedevo se potesse lasciarmelo fare da sola anziché con Finn», dico, spostando il peso da un piede all’altro, in agitazione. Non riesco a stare ferma. «È poco presente a scuola e il carico di lavoro graverebbe solo sulle mie spalle».
 «Comprendo le tue perplessità, ma ho bisogno di una persona come te che gli stia dietro». 
So cosa intende: una studentessa diligente, responsabile e studiosa. L’esatto contrario di Finn. 
Lui è il diavolo, io l’acqua santa.                                                                                                                                               
«Devo proprio?», tento l’ultima carta a mia disposizione, la compassione. Non è un uomo severo e autoritario, al contrario è spesso indulgente con i suoi studenti.                            
«Angel, non voglio passare per il cattivo di turno, e non prendere le parole che sto per dirti per una ramanzina… sei una brava studentessa, hai talento e presto sarai parte del mondo lavorativo. Non sarà tutto in salita, troverai qualche ostacolo sul tuo cammino e sta a te decidere come affrontarlo: se subire le conseguenze o rimboccarti le maniche. Ora, qual è la tua decisione?», chiede in tono deciso ma pacato.                                                                                                                   
Mi ha messo alle strette in meno di dieci secondi.
E mi sento quasi in colpa.
Farah incrocia le braccia al petto, in attesa, l’espressione seria. Dallo sguardo che mi lancia cresce in me la consapevolezza di non voler deludere le sue aspettative, sotto sotto ha ragione. Comportarmi come una bambina capricciosa non serve a niente, devo crescere e l’unico modo per farlo è affrontare le sfide che il destino ha in serbo per me.
Compresa una sfida di nome Finn. 


GIVEAWAY

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BIOGRAFIA
Bianca Povolo, classe 1996, vive in un piccolo paese in provincia di Varese. Colleziona amori mai vissuti, è cioccolato-dipendente e ha esordito nel 2017 con il romanzo A sette passi da te. È l’autrice del sesto capitolo del romanzo collettivo La perfezione di due note stonate pubblicato da Giunti Editori (2014) e del racconto Stolen night, finalista del concorso Racconti Chrysalide indetto da Mondadori (2013).



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