Ciao a tutti readers,
oggi il blog partecipa al Book tour di La mia rivincita sei tu il quinto volume della serie sport romance, young adult "The Bruins"di Manuela Ricci che uscirà il 17 Novembre in self publishing. Siete pronti a leggere il primo capitolo? Buona lettura!
La mia rivincita sei tu
di Manuela Ricci
di Manuela Ricci
E-book: € 0,99
Cartaceo: € 12,50
Serie: #5 The Bruins
Editore: Self-Publishing
Genere: Sport romance, Young Adult
Link d'acquisto: https://amzn.to/2OjwLdF
Perché alle volte non basta una sola partita per vincere…
Non è facile per Carter Kinney essere il Long Snapper dei The Bruins, specie se il suo tempo sta per scadere. Suo padre gli ha dato una sola possibilità per entrare a far parte di una delle squadre della NFL o dovrà tornare nella Silicon Valley a occuparsi degli affari di famiglia. Ma il grande salto sembra lontano per Carter, la fine dei Draft è ormai vicina. La sua preoccupazione però non è solo questa, a tormentarlo sono due occhi azzurri, capelli corvini e un carattere frizzante. Lui non dovrebbe nemmeno lontanamente pensare a Roxenne, la sorella minore di Mitch, il suo compagno di squadra, ma è inevitabile, come se il loro destino avesse deciso di correre tutte le yards di un’intera partita senza respiro. Carter però è impegnato, ha una ragazza, Stacia, alla quale è difficile rinunciare, specie se a tenerli legati non sono i sentimenti, ma un accordo scritto che non può essere ritrattato. Roxenne diventa quasi un bisogno impellente per Carter, dimenticare ciò che esploso fra di loro dopo la festa dei The Patriots è impossibile, anche se Roxenne non è disposta a spingersi oltre, fingendo che fra di loro non ci sia altro che una semplice amicizia e niente di più. Basta un attimo che sfugge rapido dalle loro mani per ribaltare le loro vite, le scelte e tutto ciò che è stata la loro esistenza fino a questo a punto. Perché alle volte il destino ha già vinto la sua partita e avere la rivincita è quasi impossibile.
PRIMO CAPITOLO
Roxenne
È strano, come una giornata qualunque possa trasformarsi nel giorno che non dimenticherai mai. Come ogni mattina ho preso la borsa dalla panca sotto la finestra della mia camera che si affaccia sul giardino del retro. Mi sono soffermata a guardare il cielo di un azzurro intenso, con qualche striatura di bianco lasciata da alcune nuvole soffiate via dal vento. Non so perché, ma c’era qualcosa di diverso, o forse, ero semplicemente io a percepirlo. Come se qualcosa mi stesse strisciando lentamente dentro le ossa facendomi stringere nelle spalle. Sono corsa al piano inferiore in ritardo come al mio solito, ho afferrato un sandwich al volo da sopra il banco della cucina sotto i rimproveri di mia madre, e le ho dato un bacio per placare la sua solita ramanzina. Il suo profumo dolce, quello che ha sempre portato fin da quando ero solo una bambina, mi ha fatto sorridere portando alla mente una miriade di momenti solo nostri. Mio padre è entrato in cucina in quell’esatto momento, il suo sguardo, il mio stesso riflesso, i capelli neri, il volto cesellato adombrato da un filo di barba e, dietro di lui, mio fratello Mitch.
«Mi raccomando» ha detto mio padre poco prima che uscissimo di casa. Non ricordo di cosa abbiamo parlato io e Mitch mentre ci dirigevamo verso il campus della Ucla, come non ricordo il momento in cui ci siamo salutati per recarci ognuno ai rispettivi dipartimenti.
Però ricordo ogni singolo dettaglio di ciò che è avvenuto un paio di ore dopo. La professoressa Stevenson era alle prese con uno dei ragazzi della squadra di Lacrosse, Tyler Reed, seduto in ultima fila non faceva altro che disturbare di continuo la lezione facendo scoppiare nell’aula una serie di risate a suo favore, io stessa stavo ridendo. Poi, come se qualcuno avesse spento un interruttore, tutto ha smesso di muoversi. Ciò che mi circondava era sfuocato, un semplice brusio sommesso che si allontanava sempre di più. I miei occhi erano incatenati alla professoressa Stevenson che si trovava sulla soglia della porta dell’aula con uno sguardo impietrito di fronte al preside Brown. I suoi occhi cercavano i miei, ed è stato quando mi hanno trovata che ho sentito qualcosa spezzarsi. Il respiro ha iniziato a consumarsi nei polmoni e le gambe sono divenute di gelatine ma mi sono alzata comunque, li ho raggiunti con la mano stretta da fare male alla tracolla della borsa e, senza proferire parola ho seguito il preside fino al suo studio. A spezzare il silenzio crollato fra di noi, ci ha pensato il rimbombare dei miei passi lungo il corridoio che facevano a gara con il tamburare del cuore che sembrava stesse quasi per esplodermi dal petto. La grande porta di legno scuro a due battenti era accostata.
Ho stretto la mano libera in un pugno, con le unghie conficcate nel palmo della mano. Non appena ho varcato la soglia è stato il dolore che ho visto nello sguardo di mio fratello seduto di fronte alla scrivania a trafiggermi ma le parole che sono susseguite dopo però, mi hanno completamente distrutta, svuotandomi di qualsiasi emozioni fossi in grado di provare in quel preciso istante.
«Ci dispiace, ma c’è stato un incidente» era tutto ciò che la mente ripeteva senza sosta. Non poteva essere vero, non poteva succedere a noi. Dovevano solo andare via per il week end ed essere di ritorno già il lunedì mattina. C’era senz’altro un errore, tutte le loro parole di scuse, di circostanza non avevano alcun senso per me. I miei genitori sarebbero tornati da noi. Ho continuato a ripetermelo fino al momento in cui ho dovuto dirgli addio, ed è stato in quel preciso istante che ho realizzato che non avrei più potuto ridere delle battute di mio padre, che non avrei più potuto sedermi vicino a lui mentre suonava il piano e la mamma lo guardava con quegli occhi sognanti di chi non lo avrebbe mai lasciato andare, ed è stato così, insieme per sempre.
«Ci sono io Rox, mi prenderò cura di te» ha promesso Mitch stringendomi a lui, inconsapevole del fatto che non avrebbe potuto mantenere quella promessa.
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